Fabio era prima di tutto un giocatore di basket,...
...un amante del basket...poi era anche un figlio, un fratello, uno zio, un amico, un compagno, un imprenditore.. e tante altre cose. Ma soprattutto era un cestista...si fino al midollo...midollo che ad un certo punto della sua vita l'ha tradito.Amava il basket in tutte le sue forme: giocato, guardato, vissuto. Si appassionava anche a vedere i bimbetti del mini basket muovere i primi passi con la palla a spicchi tra le mani, come se stesse guardando una partita della sua amata NBA, amava giocare e ha sofferto quando non ha più potuto farlo, ma nonostante questo si era messo in testa che forse poteva allenare e vivere il basket da un'altra prospettiva. Aveva progetti nel basket e nella vita..che poi, per lui, erano un po' la stessa cosa.
Dal basket aveva imparato tanto: la forza, la competitività, la lotta fino all'ultimo secondo, l'imprevedibilità ma anche la necessità della preparazione, del rigore, del coraggio, della lealtà.
E questo gli è servito anche nella malattia.
Fabio si è ammalato nel 2006 di mieloma multiplo, un tumore tuttora inguaribile al midollo osseo. Se ne era accorto proprio su campi di basket: aveva appena ricominciato la stagione con la sua amata Gorlese Basket, ne era il capitano, ma si sentiva spossato, stanco, privo di forze, debole e soprattutto con problemi che fino ad allora non aveva mai avuto: pressione altissima, mal di testa implacabili. Purtroppo sono passati diversi mesi prima che la malattia fosse individuata, mesi preziosi in cui il tumore aveva assalito i suoi reni e li aveva distrutti. Fabio infatti era in dialisi dal 2007, ma nonostante questo non aveva perso la sua voglia di fare e di vincere la malattia.
Malattia che, come altre patologie del midollo osseo, si può combattere solo con il trapianto di midollo: trapianto che Fabio fece e che gli e ci regalò tre anni di vita, tre anni di progetti, tre anni di serenità.
Purtroppo però per le implicazioni aggressive e ancora incurabili del mieloma, la malattia si era ripresentata quest'estate, e Fabio ha combattuto, ha lottato, ha condotto la sua partita in maniera esemplare, ha fatto punti da tre a non finire, ha stoppato il nemico, gli ha rubato la palla, è andato in panchina a riprendere fiato, è rientrato in campo, si è lanciato sotto canestro...ma alla fine l'avversario l'ha spuntata.
Bravo, però, grazie: gran bella partita...
Fabio è mio fratello.
È proprio quello che si dice un fratello minore: incorreggibile da piccolo, anche abbastanza insopportabile, una vera peste dispettosa; incomprensibile e lontanissimo da adolescente e nei primi anni della sua giovinezza, indispensabile e insostituibile da adulto.Abbiamo sei anni di differenza, e mi ricordo perfettamente quando nacque: venne al mondo con tutta la sua forza e la sua volontà di vivere, in fretta come se avesse poco tempo da buttare e dovesse fare tutto subito.
Caratteristica che mantenne anche dopo, fare le cose il prima possibile, vivere tutto intensamente e velocemente (anche troppo forse), evitare inutili ripensamenti o riflessioni...gestire tutto in fretta e da solo.
Sì, era un grande fratello, sempre pronto per i suoi nipoti , per i suoi genitori, per sua sorella , ma spesso difficile da scoprire, da far svelare, difficile aprirgli confidenze, pensieri preoccupazioni riflessioni.
La sua anima era un mondo segreto, solo a volte intravista; i suoi angoli di anima quasi imperscrutabili.
Come da piccolissimo, quando si alzava da solo, scendeva le scale da solo, cercava di mangiare da solo, anche da adulto quello che lo caratterizzava era l'indipendenza, anche mentale, dagli altri, e anche negli ultimi giorni della malattia quello che lo faceva soffrire di più non erano i dolori, tremendi, la quasi paralisi, l'incapacità di parlare e di dormire... ma il dover dipendere dagli altri per ogni cosa. Uno degli ultimi giorni proprio quello mi disse: «mi dispiace dover dipendere da tutti per tutto.».
Fabio ha avuto una bella vita: è stato molto amato e molto ha vissuto. Ha avuto una morte tremenda e sofferta: ma anche in quello è stato fino all'ultimo Fabio: dignitoso, umile, disponibile; con la sua anima, anche negli ultimi momenti, ben occultata agli altri, ..quasi da non dover pesare ancora una volta, quasi da essere indipendente almeno in quello; così da poter gestire lui le sue paure, le sue emozioni, le sue ansie; un piccolo tesoro, la dignità e la riservatezza, da conservare.
È per quello, forse, che amava così tanto gli animali e tanto si preoccupava per loro: gli animali non parlano, non stressano con le domande, con i perchè, con le evoluzioni mentali. Sono lì, te ne devi solo prendere cura e ti amano per quello che sei, nonostante quello che sei.
Ecco Fabio cercava questo rapporto sempre: io sono qui, così, non cambiarmi, accettami e non fare troppe pressioni. Quando si capiva questa cosa (e io l'ho capita pochi anni fa, quando si ammalò) allora si poteva amare completamente, e trarre un'immensa gioia dallo stare con lui. Aveva una ironia innata e in fondo un senso di leggerezza difficile da trovare.
Non so come era come amico. Questo si dovrebbe chiederlo agli amici, ai compagni: non era mio amico. Era mio fratello: per quello che questa parola significa in tutta la sua compiutezza. Siamo cresciuti insieme, ridevamo delle stesse cose, mangiavamo le stesse cose e avevamo le stesse abitudini. La nostra passione e il nostro passatempo preferito (forse anche un po' stupido) era guardare insieme le pubblicità: ci spanciavamo dalla risate....e anche in ospedale aveva la forza di farmele notare.
Questo era Fabio: un essere speciale come ce ne sono molti ma unico per noi, normale forse nelle sue percezioni, nel suo sentire, nel suo aspirare, ma straordinario nel suo essere.
Amava il mare e mal sopportava la montagna, odiava il Carnevale e il travestirsi, amava il thè con il limone, la pizza margherita e le penne al pomodoro...ultimamente si era anche lanciato sul riso basmati con il pollo al curry...il massimo di esotismo per lui!. Preferiva i palazzetti al cinema, una partita di basket ad una cena, un'uscita con lo scooter ad un girovagare in macchina senza meta.
Era semplice anche nei suoi gusti e nelle sue manifestazioni.
È stato semplice fino alla fine: mai un lamento, un'imprecazione, un perchè. Ma sempre grande accettazione di quello che succedeva, sempre una grande umiltà. Voleva vivere certo, era attaccato alla vita con i denti anche negli ultimi giorni, perchè amava quella vita così piena che aveva avuto ma anche quella assurda che stava vivendo negli ultimi tempi, era vita anche quella: era un esserci, uno stare, un realizzarsi anche nel dolore. Era mio fratello..e c'è da andarne fieri.